L'ispirazione per il romanzo “Con il cuore in subbuglio” è nata nei miei anni di vita in Inghilterra.
Quando mi sono trovata nella situazione di andare in Inghilterra per motivi personali, ho sperato dall'inizio che fosse soltanto un'esperienza di vita, perché non avevo mai sognato di visitare, neanche da turista, la Gran Bretagna.
Non ero una dei soliti italiani che vanno a Londra per sbarcare il lunario facendo i camerieri nei ristoranti italiani che sono lì, no... io ho seguito mio marito nel nord del Paese in una cittadina che si chiamava Stafford, nella contea dello Staffordshire per essere più precisi, dove gli italiani sono presenti solo nelle grandi città come Manchester e Birmingham.
Ammetto che per sei lunghi anni ho vissuto due vite: una in Inghilterra e una in Italia, che non ho mai avuto intenzione di lasciare, perché sono molto patriota e non mi faccio convincere dai facili guadagni o dal lavoro in abbondanza per cambiare Paese, vita, orizzonti e speranze.
Niente mi avrebbe convinto a restare in Gran Bretagna, per me era solo un'esperienza come un'altra e in quei lunghi sei anni ho sempre fatto la spola con il Belpaese prendendo un aereo non appena avevo giorni liberi dal lavoro e non appena me lo consentivano le tasche.
Ho cambiato diversi lavori, ho conosciuto persone straordinarie e ammirato paesaggi incantevoli che mi hanno ispirato storie di diversa natura. Infatti, molte delle mie opere letterarie, sia di genere romantico che avventuroso o divertente, da commedia, sono nate negli anni in cui mi trovavo all'estero.
In realtà, quando ti trovi a vivere in antichi cottage in mezzo alla natura dove puoi scorgere con curiosità tutto ciò che ti circonda, hai l'enorme possibilità di creare storie diametralmente diverse dalle precedenti, per forza di cose.
“Con il cuore in subbuglio”, per esempio, è un romanzo nato dall'ispirazione suscitata in me da un inglese di nome James (reale in ogni descrizione che ho fatto su carta, tra l'altro), che ho avuto modo di osservare con tale curiosità e attenzione da scriverci una storia vera e propria. Tutto è nato dalle emozioni che provavo ogni volta che lo incontravo, essendo lui un uomo davvero molto attraente. Quasi, un vichingo, con i suoi lunghi capelli ribelli, la sua barba folta, i suoi occhi penetranti, la sua stazza da guerriero, ma anche la dolcezza della sua voce, la gentilezza dei suoi modi, la sua timidezza nei confronti degli estranei.
Ho avuto a lungo, inoltre, la possibilità di studiare quei luoghi, quelle campagne su cui il sole passava poco, perché erano spesso coperte da una folta coltre di nuvole grigie, quelle stradine caratteristiche, i cottage con le cornucopie appese all'ingresso con tanti fiori, piante ornamentali, tappeti caratteristici su cui si faceva notare un Welcome che sarebbe sempre stato tutto un programma per gli ospiti.
Milford è una cittadina che si trova nel bel mezzo della campagna inglese, nella contea dello Staffordshire, nella quale ho deciso di ambientare la storia del romanzo, creando ad arte dei personaggi verosimili e una protagonista femminile italiana, proprio come me, che facesse comprendere ai lettori le difficoltà di comprensione della lingua e i problemi che potessero nascere in rapporto al confronto con le abitudini dei cittadini in quel contesto.
Naturalmente il personaggio chiave, James, ha reso molto più spontanea e reale l'intera opera, dandomi quell'input di cui avevo bisogno per creare un'opera che facesse sognare le lettrici più romantiche.
La storia, ci tengo a specificarlo, è del tutto inventata, ma il personaggio maschile e i luoghi assolutamente no. Questi sono veri. La protagonista è ispirata a me, al mio cuore in subbuglio, ogni volta che incontravo James, e ogni volta che avevo occasione di scambiarci due parole.
È molto raro che un uomo mi affascini al punto da renderlo protagonista di un romanzo, ma in questo caso è stato tutto molto semplice e molto spontaneo, persino un'esigenza perché le parole e il racconto in sé sono arrivati da soli senza lasciarsi interrompere da problemi di alcuna natura. La realtà arrivava fino a un certo punto, per poi lasciare spazio alla fantasia e permettermi di dare spazio alla creatività.
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